Progetto Oltre la pandemia

Famiglie monogenitoriali: quel poco che si fa e quel tanto che si potrebbe fare

scritto da Gisella Bassanini

Famiglie monogenitoriali: quel poco che si fa e quel tanto che si potrebbe e dovrebbe fare per loro proviamo a sintetizzarlo qui, grazie ai risultati della nostra ricerca iniziata in pandemia e proseguita fino a quest’anno, con il supporto di numerosi esperti.

Facciamo un passo indietro

Nel 2014, e per oltre un anno, Smallfamilies ha  lavorato a un progetto pilota finalizzato a mappare i servizi (non progetti) generalisti, prevalentemente pubblici e gratuiti, che venivano erogati con continuità nella città di Milano. Obiettivo: capire quanti di questi (ne abbiamo individuato una cinquantina) fossero orientati anche alle necessità delle famiglie monogenitoriali o almeno le contemplassero come una realtà in continuo aumento con bisogni specifici e dunque degni di attenzione. L’elenco, che abbiamo chiamato emblematicamente “Il bottone del panico” -pensando a quando siamo di fronte a un problema urgente e abbiamo bisogno in poco tempo di sapere subito a chi rivolgersi- è stato successivamente organizzato in diverse sezioni: a) denaro e lavoro; b) cura (intesa come benessere, salute ma anche conciliazione); c) casa (intesa come housing e ospitalità); d) condivisione (socializzazione, occasioni e scambi di beni e servizi); e) diritti e tutele.

Cosa abbiamo scoperto allora?

A Milano erano veramente pochi i servizi sensibili  ai bisogni delle smallfamilies. Quelli che siamo riusciti a rilevare si rivolgevano nello specifico a situazioni molto particolari, perlopiù nell’ambito della residenza. Quali ad esempio: alloggi per madri sole – anche minorenni –  con figli, magari uscite da situazioni di violenza; case per padri separati in condizioni di estrema fragilità economica o a rischio povertà a seguito della separazione o divorzio, etc.
Il nostro progetto pilota lo abbiamo poi lasciato in un cassetto con la speranza un giorno di poterlo riprendere, aggiornare e scoprire magari (questo è stato il nostro costante auspicio) che a quei pochi servizi altri se ne sarebbero aggiunti nel tempo.

E ora?

Nel 2020 c’è stata la pandemia. E abbiamo assistito anche a Milano al nascere di numerose e variegate iniziative, alcune – poche per la verità – rivolte anche ai monogenitori.  Anche per questo motivo, con il Progetto “Oltre la Pandemia”, ci siamo posti tra le finalità quella di verificare se quei soggetti  che nel capoluogo lombardo (nostro territorio di indagine in questa fase) hanno erogato azioni di solidarietà con notevole impegno durante il lookdown e subito dopo, aiutando anche i genitori soli in difficoltà, continuano a farlo e, se sì, come e in quale ambito. Ed anche, comprendere se a partire dai loro Osservatori in presa diretta questi soggetti stanno verificando in questo periodo post-pandemico un aumento della domanda  di aiuto che proviene da queste nostre famiglie.

Per cercare di tracciare un primo quadro della situazione attuale abbiamo quindi individuato e poi contattato direttamente alcune delle realtà del terzo settore, reti formali e informali, e al contempo verificato  l’offerta di servizi dell’ente pubblico (oggi sempre più accessibili tramite il web) erogati direttamente o in rete con altri soggetti.

Ecco in sintesi cosa è emerso dalla nostra indagine odierna.

Famiglie monogenitoriali: tante domande e poche risposte

Servizi suddivisi  per tipologia (domiciliarità, tate colf badanti, inclusione, educazione finanziaria) si possono trovare sulla piattaforma pubblica WeMi che  aggrega l’offerta di servizi di welfare erogati dal Comune di Milano  e da una rete qualificata  di associazioni, cooperative e imprese sociali  del territorio.  WeMi è anche una serie di spazi che si trovano nei diversi Municipi e sono pensati come  punto di incontro e orientamento nei quali, grazie a operatori specializzati, si possono trovare le soluzioni di benessere più adatte per sé e per  propria famiglia. Non risultano esserci attività rivolte in modo specifico ai monogenitori.

Informazioni e aiuto si possono trovare anche presso i Community Center della Diaconia Valdese–Servizi Inclusione, dislocati in diverse città d’Italia. Sono  luoghi di aggregazione, sportelli informativi e punti di riferimento per il territorio. I Community Center offrono orientamento e consulenza amministrativa e legale, supporto nella scelta del percorso scolastico ed educativo, orientamento ai servizi territoriali e al lavoro, mediazione linguistica e culturale per gli stranieri, attività ludico-formative e di socializzazione. Anche in questo caso, non si rilevano azioni o progetti dedicati ai genitori soli.

QuBì-La ricetta contro la povertà infantile, è un programma promosso da Fondazione Cariplo con il sostegno di Fondazione Peppino Vismara, Intesa Sanpaolo, Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi, Fondazione Fiera Milano e Fondazione Snam,  attivo nella città di Milano dal 2017. L’obiettivo del Programma è contrastare il fenomeno della povertà infantile promuovendo la collaborazione tra le istituzioni pubbliche e il terzo settore e realizzando interventi mirati a bisogni specifici in 25 quartieri della città di Milano. Quattro i principali assi d’azione: 1) realizzare un’analisi in costante aggiornamento della povertà assoluta a Milano; b) aumentare l’accesso alla spesa per le famiglie in disagio economico; c) promuovere sistemi integrati di presa in carico dei beneficiari; d) realizzare azioni specifiche e innovative di contrasto alla povertà alimentare.
Le azioni vedono il coinvolgimento diretto ed indiretto di diversi Partner operativi, oltre al Comune di Milano, in particolare: Caritas Ambrosiana, Banco Alimentare della Lombardia, IBVA Solidando, Fondazione di Comunità Milano. Per realizzare i suoi intenti Programma QuBì si avvale di 23 Reti di prossimità che presidiano 25 quartieri di Milano per un numero complessivo di oltre 500 organizzazioni, associazioni, cooperative ed enti coinvolti, motore operativo del programma. Le 23 Reti sono denominate sulla base del quartiere in cui operano: Affori, Baggio, Barona, Bruzzano-Comasina, Città Studi, Forze Armate, Dergano, Gallaratese, Giambellino-Lorenteggio, Gratosoglio, Niguarda, Lambrate, Loreto, Lodi–Corvetto, Padova, Ponte Lambro, Quarto Oggiaro, Selinunte, Stadera, Umbria Molise, Viale Monza, Villapizzone. Obiettivo principale del lavoro delle Reti è rafforzare la capacità di intercettazione e di accompagnamento delle famiglie e dei minori in povertà verso un miglioramento della loro condizione. Nei primi 3 anni di lavoro di Programma QuBì il numero di persone in povertà a cui è stato dato un supporto dalle Reti è di 39 mila unità (dati di monitoraggio al 30 settembre 2020). Abbiamo contattato  direttamente Fondazione Cariplo per chiedere quante tra le numerosissime famiglie aiutate in questi anni sono  smallfamilies. Non siamo però riusciti ad ottenere informazioni e dati a riguardo perché la nostra  richiesta richiederebbe  un lavoro di raccolta dati ulteriore, cosa che “non è praticabile  in un periodo di per sé complesso come questo”, ci è stato risposto.

Con l’uscita dell’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus alcuni progetti, reti, iniziative, non ci sono più o hanno modificato la propria mission per rispondere tempestivamente ad altre emergenze. Come nel caso di  Milano Aiuta (rete di associazioni, imprese, cooperative) che nel  periodo più drammatico della pandemia, sotto la regia del Comune di Milano, si era resa disponibile ad aiutare gli anziani, le persone più fragili, quelle in isolamento obbligatorio o fiduciario, ed ora è impegnata  a prestare aiuto a chi  arriva dall’Ucraina.

Tra le diverse realtà milanesi che ogni giorno  aiutano le persone in difficoltà, c’è anche  Pane Quotidiano onlus, un’organizzazione laica, apolitica e no profit, fondata a Milano nel 1898, il cui obbiettivo è assicurare gratuitamente generi alimentari di prima necessità a chi ne ha bisogno. Sebbene vi sia la percezione che sempre più genitori soli si rivolgono a loro in cerca di  aiuto, non ci sono dati a riguardo perché  per scelta non vengono chiesti né raccolti dati personali.  Non profilano l’utenza.  Gli unici dati di cui dispongono riguardano esclusivamente la consegna a domicilio del pacco alimentare che avviene una volta alla settimana ma questi non vengono elaborati.

Ci sono poi realtà che continuano a sostenere anche i genitori soli in difficoltà. Come nel caso dei Circolo Operai (ne abbiamo parlato in questo post del 2020, in piena pandemia). A Milano -ci raccontano- sono circa 120 le famiglie monogenitoriali che vengono aiutate con continuità, di queste, la metà sono straniere. Rappresentano – aggiungono – un numero inferiore rispetto al primo periodo del pandemia, anche  perché allora molte  delle richieste erano legate all’impossibilità di uscire di casa per andare a fare la spesa,  in farmacia, etc. Oggi, i genitori soli si rivolgono ai Circoli principalmente per  avere un aiuto alimentare e supporto nello studio dei figli (attività di  doposcuola, ripetizioni, etc.).

A che punto siamo

Caritas Italiana, nel suo Rapporto 2021 sulla povertà ed esclusione sociale in Italia (dal titolo  Oltre l’ostacolo, 2021) riporta alcune frasi tratte da testimonianze raccolte presso la Caritas diocesana di Pozzuoli. È vero non siamo a Milano, ma siamo così certi che  testimonianze simili non possiamo incrociarle anche in questa nostra città o in altre del nostro Paese? L’esperienza diretta sviluppata dalla nostra associazione, oramai impegnata sul tema da dieci anni, ci fa dire che sì, può accadere purtroppo anche qui.

“Sono separata e ho due figlie… L’aiuto della Caritas è stato tempestivo. Innanzitutto a livello morale, mi hanno aiutato psicologicamente perché ero crollata a causa delle enormi difficoltà da superare da sola. Anche nell’aiuto per pagare la casa, pagare  l’affitto, la bolletta della luce, i viveri. È stato un aiuto basilare. Con la pandemia ho infatti riavuto questi problemi come il resto dell’umanità, all’improvviso ci siamo trovati tutti senza lavoro, senza sapere che fare e ancora una volta ho bussato alla Caritas. Ancora una volta mi hanno aiutato. Anche psicologicamente perché eravamo tutti demoralizzati”.

E ancora:

“Mi chiamo Elisa, ho quattro figli (…). Da pochi mesi mi sono separata, dopo anni di sofferenza e di paure. Ero stanca, arrabbiata con la vita, non avevo più fiducia in nessuno, d’altra parte come averne se l’uomo che ho amato, il padre dei miei figli mi maltrattava continuamente fisicamente e psicologicamente? (…) Nel periodo della pandemia la situazione è peggiorata e l’ultima volta non ce l’ho fatta più, ho pensato davvero di morire per le botte alla testa. Solo l’idea di lasciare soli i miei figli, mi ha fatto trovare il coraggio di andare alla Caritas: o la mia paura o i miei figli, mi ripetevo. In Caritas è stato difficile, non li conoscevo, non sapevo se fidarmi, ero in uno stato confusionale. Ho ricostruito insieme a loro il puzzle della mia vita, i traumi, le sofferenze ma anche la forza, le cose per cui vale la pena lottare. (…) Ora vivo da sola con i miei figli, fuori dall’incubo. Certo è tanto difficile (…) ma non siamo soli, e forse un futuro dignitoso è possibile”.

Tra le donne sostenute nel 2020 dalla rete delle Caritas diocesane e parrocchiali – si legge nel Rapporto – “il 44% risulta coniugata, dato che si conferma in linea con il genere maschile. Molto più elevate invece, tra le assistite, i casi di vulnerabilità familiare: separazioni (10,9% contro il 6,7% degli uomini), divorzi (7% a fronte del 5,3%), vedovanza (8,9% contro 1,9%) (…). Le donne incontrate vivono per lo più con familiari o parenti (63,7%), non sempre però con il proprio partner (lo fa solo il 47,5% di loro). Alta tra le assistite la quota di mamme: dichiara di avere figli infatti il 75% del totale e quasi la metà (47,9%) convive con uno o più figli minori. L’età media è di 42,5 anni per le donne straniere e 51,1 anni per quelle italiane”.

Stiamo assistendo  all’acuirsi di situazioni di impoverimento e di generale fragilità. Crisi sanitaria e crisi sociale si intrecciamo. La pandemia è stato un evento inatteso che ha amplificato i problemi esistenti, e non solo creati di nuovi.

Il Rapporto evidenzia inoltre come il disagio economico sia  strettamente legato al numero dei componenti di una famiglia. Le famiglie numerose sono  spesso anche monogenitoriali,  anche se frequentemente nelle indagini e nell’elaborazione conseguente dei dati queste due tipologie familiari vengono prese in considerazioni in modo separato. E non ne abbiamo mai ben capito il motivo. Resta il dato che sempre più famiglie sono povere e che quelle composte da genitori soli con figli lo sono sempre di più (11,7%  nel 2020, tre punti percentuali di aumento in un solo anno, sempre secondo il Rapporto nazionale Caritas).

La pandemia ha penalizzato soprattutto le donne -ancora una volta lo evidenziano gli studi e ricerche- sia sul fronte occupazionale, sia per quanto riguarda il carico di cura domestica e responsabilità familiare, per larga parte sulle loro spalle. Se consideriamo che in Italia quasi l’85% delle famiglie monogenitoriali ha una donna come principale riferimento familiare, se non esclusivo, i conti sono subito fatti.

Nella fase di post-emergenza a preoccupare sono anche i cosiddetti poveri “intermittenti”,
che oscillano  “dentro-fuori” la condizione di bisogno,  anch’essi in crescita. Persone e famiglie  in balia degli eventi, economici/occupazionali (perdita del lavoro, precariato, lavoratori e lavoratrici  nell’economia informale) e/o familiari (separazioni, divorzi, isolamento relazionale, ecc.). Ma anche chi pur lavorando non ce la fa ad arrivare a fine mese (i cosiddetti working poor).

La Caritas Ambrosiana, nel suo Rapporto sulla povertà, testimonia questa preoccupante situazione. Ai 106 Centri Ascolto e ai tre Servizi diocesani nel 2020 si sono rivolte 12.461 persone: il 56, 1% donne, per il 57,7% immigrati, tra i 35 e i 54 anni (51,4%), disoccupati (56,7%) e per la il 51,6% con legami stabili. Se si osservano i dati relativi allo stato civile emerge che il 44,8% è coniugato/a, separato/a (11,7 %), divorziato/a (7%), vedovo/a (5%), celibi/nubili (24,7%). Le smallfamilies rappresentano quindi un totale del 23,7% delle persone che hanno chiesto aiuto. Le richieste riguardano principalmente i beni materiali (alimentari in primis),  l’ascolto (aumentato nel 2020 di sei volte rispetto all’anno precedente), i sussidi economici (per pagare bollette o tasse). A chiedere aiuto per la prima volta è stato quasi il 16% delle persone.

Alcune riflessioni e spunti per continuare il nostro impegno

In conclusione, possiamo ammettere senza rischio di smentita che, rispetto alle domande che provengono dalle famiglie monogenitoriali, molto poco sembra essere  cambiato in questi ultimi anni. Nonostante la pandemia. Nonostante tutto quelle che si è detto e scritto sugli effetti devastanti che ha prodotto sui singoli e sulle famiglie. Nonostante i dati e le ricerche (anche la nostra indagine nazionale “Le smallfamilies e la pandemia”) registrino profondi cambiamenti nella domanda di servizi e opportunità da parte anche delle famiglie monogenitoriali e aumentate richieste di ascolto e considerazione, soprattutto da parte di chi, in numero sempre maggiore, vive in condizioni di estrema difficoltà e isolamento.

Cosa abbiamo capito e cosa vorremmo si facesse per evitare che i bisogni e le necessità dei genitori soli non restino più nell’ombra:

  1. far uscire i monogenitori dall’invisibilità in cui continuano a rimanere, nonostante tutto;
  2. intercettare i loro i bisogni e necessità (soprattutto quelli di chi non sa dove rivolgersi) e formulare risposte adeguate;
  3. ricercare ed elaborare dati che fanno emergere le loro condizioni di vita (perché se non misuri un fenomeno e lo rendi visibile è come se non esistesse);
  4. fare rete tra i soggetti del territorio e le istituzioni che operano a sostegno delle famiglie e dei singoli (quell’auspicato coordinamento tra le tante  forme di solidarietà che operano in città per non disperdere le forze);
  5. creare una rete di sostegno territoriale che si faccia carico anche dei genitori soli;
  6. far diventare strutturali alcuni interventi che si sono attivati durante la pandemia e che ora hanno cessato di esistere;
  7. mettere concretamente nell’agenda politica anche il tema delle famiglie monogenitoriali;
  8. diffondere le buone pratiche che, seppur poche, esistono. Come quelle che abbiamo selezionato all’interno del progetto “Oltre la pandemia” e che trovate qui:

Sportello di Counseling gratuito: convenzione SF/associazione Collage
–  Gestire l’economia personale e familiare. A Milano: il nuovo servizio Wemi
Condividiamo casa?
Babysitter gratis ai genitori single. Succede nella Barcellona di Ada Colau

La pandemia ci ha insegnato molte cose, dimenticarsene è un gesto privo di senso.

NB: nel 2015 Smallfamilies aps ha redatto un Manifesto. Lo condividiamo nuovamente con la speranza che non rimanga sulla carta.

 

Si ringraziano per la preziosa collaborazione:
Martina Cresta, Responsabile Progetti-Commissione Sinodale per la Diaconia Valdese
Giulio Magistrelli, Pane Quotidiano,
Giuseppina Mariani, Segretario di presidenza con delega alle politiche di genere e conciliazione
rappresentante Coordinamento Donne, Acli Milano
Gabriele Merola, responsabile del Volontariato del Circolo Operaio di Porta Romana
Anna Monti, Cooperativa Comin/referente di rete QuBì Loreto

autore

Gisella Bassanini

Docente e ricercatrice, ho una figlia, Matilde Sofia. Coordino le attività di  Smallfamilies aps di cui sono fondatrice e presidente.  Seguo in particolare  l’area  welfare e policy, le questioni legate all’abitare e per il nostro Osservatorio mi occupo dello sviluppo  di  progetti di ricerca sulle famiglie monogenitoriali e più in generale sulle “famiglie a geometria variabile”.

Abito a Milano (città che amo) e, dopo la laurea in architettura al Politecnico di Milano,  ho trascorso molti anni  impegnata  in università (dottorato di ricerca, docenza, scrittura di libri) e nella libera professione (sviluppo di processi partecipativi,  piani dei tempi e degli orari della città, approccio di genere nella progettazione architettonica e nella pianificazione urbana). Ora insegno materie artistiche nella scuola pubblica e continuo nella mia attività di studio e ricerca in modo indipendente. La nascita di mia figlia nel 2001 ha trasformato profondamente (e in meglio) la mia vita, nonostante la fatica di crescerla da sola. Da allora, il desiderio di fare qualcosa per-e-con chi si trova a vivere una condizione analoga è diventato ogni giorno più forte. Da questa voglia di fare e di condividere, e dall’incontro con Michele Giulini ed Erika Freschi, è nata Smallfamilies aps, sintesi ideale della mia storia personale e del mio percorso professionale.

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